Divisi. Politica, società e conflitti nell’America del XXI secolo by Mattia Diletti
My rating: 5 of 5 stars
Mattia Diletti è da ormai vent’anni uno degli osservatori più attenti e competenti della politica americana (già all’indomani della prima vittoria di Obama, il suo Come cambia l’America, scritto insieme a Mattia Toaldo e Martino Mazzonis, era stato uno dei contributi più interessanti).
Questo suo nuovo saggio, pubblicato alla vigilia di un altro appuntamento elettorale particolarmente importante, è a sua volta apprezzabile: in particolare perché l’autore non si lascia trascinare dalla tentazione dell’instant book focalizzato sulle elezioni, ma propone invece un’opera più ragionata, che – in appena 120 pagine – riesce a fornire un ritratto e un’analisi delle dinamiche e dei problemi più importanti degli USA di oggi.
Il tema principale, che dà forma in qualche modo all’intero libro, è quello dell’attuale polarizzazione della politica americana, soffocata da un confronto tra un Partito Repubblicano e un Partito Democratico sempre più estremisti, identitari e arroccati sulle proprie posizioni. Diletti mostra in modo molto convincente come questo non sia semplicemente l’effetto di dinamiche sociali, o di innovazioni come l’uso politico dei social media, ma sia il risultato di progetti politici consapevoli, e di un’organizzazione molto attenta che passa attraverso think tank e organizzazioni professionali e ricche di risorse (secondo il principio per cui “la democrazia non è il campo di gioco dei ‘semplici’ cittadini, ma di quelli organizzati”, p. 32). Il libro mostra così, da un lato, come visioni ultra-conservatrici un tempo di frangia, come quelle dell’anchorman Rush Limbaugh, siano progressivamente diventate dominanti fra i repubblicani; e, dall’altro, come la risposta dei democratici sia passata attraverso la creazione di una coalizione di minoranze di vario tipo (etniche, religiose, di genere, etc.) che ha spinto a propria volta il partito verso posizioni sempre più di sinistra e identitarie. Il risultato è un’America in cui le posizioni di compromesso fra i due massimalismi sono diventate sempre più rare, e difficili da sostenere, in una lotta politica sempre più caratterizzata da un’idea “iper-maggioritaria” della democrazia, in cui alla minoranza vincente (considerando che le percentuali di afflusso al voto sono da decenni molto basse) “è permesso più o meno tutto” (p. 31).
Il capitolo 3 del libro, in particolare, ricostruisce efficacemente l’ascesa, a partire dagli ultimi due decenni del Novecento, della nuova destra identitaria all’interno del Partito Repubblicano: un successo sostenuto da organizzazioni religiose conservatrici e da potenti think tank come la Federalist Society. Come spiegato molto giustamente da Diletti, questo processo è culminato nella conquista della Corte Suprema da parte dei conservatori, durante la presidenza Trump, che ha permesso di rimettere in discussione legislazioni in vigore da decenni, in particolare quella sull’interruzione volontaria di gravidanza, e di porre un’ipoteca sulla stessa possibilità del Congresso di legiferare in futuro su alcuni temi. Non sorprende, da questo punto di vista, che parallelamente a questi sviluppi il parlamento USA sia quindi diventato sempre più in preda alla paralisi e incapace di proporre politiche efficaci in una situazione di veti incrociati.
Nel capitolo 4 ci si focalizza invece maggiormente sul Partito Democratico e sulla “coalizione di minoranze” che oggi lo sostiene: un processo ben esemplificato dal successo di Alexandria Ocasio-Cortez, che mette in crisi, talvolta, lo stesso establishment del suo partito, occupandosi di temi come sanità pubblica, diritto alla casa, povertà, istruzione e immigrazione. L’idea è quella di un “multiculturalismo inclusivo” (p. 93), che tuttavia mette in crisi il rapporto del partito con un elettorato bianco, in molti casi preoccupato dalla propria perdita di status e dai cambiamenti sociali e valoriali.
Per chi, come scrive, si occupa in modo prioritario di fedi e valori, il capitolo sicuramente più interessante è tuttavia il quinto e ultimo, dedicato alle “guerre culturali” dell’America di oggi, in cui l’elettorato repubblicano e quello democratico appaiono, secondo i sondaggi, divisi su quasi tutto: dall’aborto, ai diritti di genere, all’immigrazione, alla sicurezza (solo per citare alcuni dei temi più rilevanti). In particolare, Diletti analizza in modo molto efficace le due tematiche forse più controverse negli USA di oggi: quella della questione razziale (e delle sue ricadute sul sistema di istruzione pubblico), e quella dell’aborto. Quest’ultimo tema, in particolare, è diventato centrale dal 2022, quando la Corte Suprema, ribaltando la sentenza Roe v. Wade del 1973, ha permesso ai singoli stati di legiferare sul tema, con il risultato di creare un’America frammentata in realtà locali caratterizzate da legislazioni molti differenziate, che vanno da un bando quasi totale sull’interruzione volontaria di gravidanza negli stati repubblicani dell’America “profonda” a legislazioni più permissive, in linea con quelle europee, nelle aree a maggioranza democratica.
Nel complesso, il libro di Diletti è estremamente efficace, pur nella sua brevità e agilità, nel mostrare come le dinamiche e le scelte politiche di una certa fase siano il risultato di progetti consapevoli, portati avanti da minoranze organizzate nell’arco di decenni. Di conseguenza, viene mostrato come la democrazia americana (ma forse, sempre più, anche quelle europee?) sia diventato il terreno di scontro di coalizioni di gruppi di interesse piuttosto che un’arena di confronto per i cittadini, in cui il controllo dell’apparato legislativo e delle risorse finanziarie finisce per contare di più dello stesso potere politico.